Settore pubblico, Cloud, burocrazia e carta... Montagne di carta!

  • 16/01/2014 08:00:00

<p>Generalmente non scrivo di politica, è un argomento difficile e ci sono sempre molti aspetti da tenere in considerazione su vasta scala. Ma quando la politica inizia a fare scelte tecniche, credo di avere elementi sufficienti per dire la mia</p>

Generalmente non scrivo di politica, è un argomento difficile e ci sono sempre molti aspetti da tenere in considerazione su vasta scala. Ma quando la politica inizia a fare scelte tecniche, credo di avere elementi sufficienti per dire la mia

 

Ci sono cose che mi tengo in pancia e generalmente non condivido con molti, ma oggi ho deciso di fare eccezione. Generalmente non scrivo di politica, è un argomento difficile e ci sono sempre molti aspetti da tenere in considerazione su vasta scala. Ma quando la politica inizia a fare scelte tecniche, credo di avere elementi sufficienti per poter dire la mia. E a volte ribattere duramente.

Il mio punto di vista inizia dal punto di vista dell'utente finale, e dal momento che parliamo di settore pubblico, parliamo di cittadini. E quando mi muovo in strutture pubbliche vedo situazioni che vanno dal divertente al frustrante. Tra sportelli malfunzionanti e sistemi che si "inceppano" o vanno semplicemente lenti, se si potesse fare un'indagine sul grado di soddisfazione del "Cliente/Cittadino" credo che i risultati sarebbero raggelanti. E spostando lo sguardo dai grossi luoghi sotto gli occhi dei media e delle attenzioni più "strategiche", sono proprio i piccoli centri che soffrono maggiormente. E ciò nonostante, ecco l'elemento che ancora accompagna tutti ovunque. La carta.

Mi viene in mente un esempio di qualcosa che si è reso necessario fare qualche tempo fa. Vai a fare una denuncia? Viene compilato un modulo in Word, stampato e fatto firmare a mano per essere sucessivamente elaborato a mano da un altro operatore, che lo inserirà in una cartella (di quelle di carta, non sul disco) a mano, per poi metterlo verosimilmente in uno schedario (a mano). Usurpiamo il file di tutti i vantaggi digitali che questo possiede originariamente (archiviabilità, longevità, portabilità, indicizzazione, accessibilità), preferendo a soluzioni digitali esistenti e consolidate da almeno dieci anni (anzi alcune sono persino maggiorenni) l'archiviazione tradizionale.

Invece abbiamo carta, montagne di carta che non solo rappresentano un costo economico enorme, ma che ha anche un grave impatto ambientale (e intanto imponiamo il traffico a targhe alterne nei weekend). Vogliamo pensare ai costi? La carta va archiviata in armadi o schedari, che ovviamente andranno mantenuti in locali che avranno un affitto, questi vanno opportunamente protetti da furti, da incendi ed accessi non autorizzati. Fascicoli che poi vengono prelevati (e i cui accessi vengono tracciati... su registri di carta!) e fotocopiati ad oltranza, ulteriore consumo di carta, toner, corrente. E le persone? Anche il tempo "perso" (perchè questo è ) per archiviare e cercare e fotocopiare i fascicoli è pagato. E visto che parliamo di settore pubblico, sono soldi provenienti dallo Stato: ovvero i contribuenti.

La cosa straordinaria di tutta questa situazione sta nel fatto che, come accennavo prima, le tecnologie per poter snellire i tempi e i consumi di risorse ci sono e non sono costose. Alcune sono persino gratuite! Probabilmente (ipotizzo, ma dubito di sbagliare) con quello che si andrebbe a risparmiare nel corso di un anno si ripagherebbe ampiamente l'infrastruttura tecnologica necessaria. Ma ancora un anno fa (non so se la situazione sia cambiata oggi, e non lo voglio sapere), un cambio di residenza avveniva tramite la richiesta su carta (un modulo), la produzione di una copia dei dati del residente (carta), la sua spedizione e reimmissione dei dati tramite un data entry manuale. Parliamo del lontano 2013.

E qui sottolineo "necessaria". Perchè quando si parla di settore pubblico entrano in gioco forze grandi, nomi "importanti" e questioni politiche, che più spesso sono necessarie a mettere in mostra un prodotto piuttosto che dare vita ad una soluzione. Fenomeni che, contrariamente al pensiero di rispondere ad un'esigenza (pubblica) operano su piani differenti (interessi politici ed economici) nell'ordine sbagliato. Perchè basterebbe un po' di buon senso per capire che è più efficiente dimostrare di aver raggiunto il successo mostrando risultati anzichè inventarsi dei successi che di fatto hanno un valore pressochè nullo (PEC?). Beh, se escludiamo coloro che hanno realizzato le opere. 

Fortuna che ci sono esempi di successo che dimostrano il contrario, per quanto drammaticamente rari.

Ritornando all'oggetto iniziale, la burocrazia basa ancora la propria esistenza sulla carta. FAX che dovrebbero essere sostituiti dalla PEC da e verso le PA (cosa tutta nostrana nata per non si sa quale straordinario motivo... forse l'incapacità dei provider di avere servizi di posta efficienti o sfruttare tecnologie che esistono dalla fine degli anni 90 per la firma digitale delle comunicazioni via email?), sistemi di archiviazione documentale che non esistono e se esistono rasentano il ridicolo per funzionalità o costi, ma che soprattutto rendono impossibile lo sfruttamento della trasmissione digitale dei dati, sorvolando l'usabilità. E vogliamo poi parlare di software del settore pubblico, sia esso via web o locale? Software che affinchè funzioni ha requisiti di insicurezza raccappriccianti? (Rendiamo grazie alle software house che obbligano l'uso di versioni Java vecchie e insicure per l'esposizione agli exploit di Yahoo dei giorni scorsi); o la piaga che personalmente pteferisco maggiormente (e qui, odiatemi pure): il fatto che a violazioni di sicurezza informatica le Software House rispondano con... domando scusa: non rispondano, dimostrino una totale refrattarietà nel dimostrare interesse, volontà o ammissione di colpa per gli errori commessi. Non siamo diversi dall'Australia che porta un 16-enne in tribunale che ha provato a segnalare la cosa alla società di sviluppo e che, quest'ultima, non gli abbia dato considerazione. 

Parliamo tanto di digitalizzazione e portare la PA in Cloud (e solo il pensiero mi fa venire la pelle d'oca) quando in realtà per “Cloud” ancora intendiamo una casella di posta elettronica in POP3 e una capienza di forse un Gigabyte (e sto ingigantendo): praticamente abbiamo messo un vestito nuovo ad un pensiero vecchio (“hosting” per intenderci) che poteva andare bene all'epoca, facendo finta che fosse una cosa innovativa. Non lo è. Stiamo arretrando giorno dopo giorno grazie a scelte giuste seguite da azioni sbagliate che vengono presentate come successi per essere poi abbandonate perchè inutili o inapplicabili. Si continuano a rinfrescare adempimenti come la firma digitale (inapplicata), la posta elettronica certificata per ogni cittadino (inapplicata), l'archiviazione ottica (in discussione, rimandata) o il sistema sanitario nazionale (che piu le volte che non funziona di quelle in cui funziona) per il semplice e solo motivo che non abbiamo realmente una cultura del dato digitale. Questo sciagurato problema affligge tanto la pubblica amministrazione quanto il settore privato, ma questo combatte con armi diverse (tipicamente: denaro). In generale, tuttavia, non c'è proprio una cognizione del dato digitale e dei vantaggi che può portare (parliamo di soldi e qualità della vita, lavoro, risparmio, immagine, politica), e continuiamo invece a produrre una quantità di carta immensa cui forse solo la Tetrapak può competere, nel tentativo di rincorrere un mondo sempre più digitale e rapido (vorrei vedere come archivierebbero una timeline di Twitter... probabilmente ricopiandola su Word e stampandola successivamente).

Con questo mio pensiero non voglio dire che il digitale “bello” sia perfetto e privo di rischi, anzi. Certo è che esistono modi per controbattere certe situazioni e sicuramente questo compito andrebbe lasciato a chi sa davvero di cosa sta parlando. Così come non intendo dire che la burocrazia sia una cosa inutile o sbagliata, tuttavia è necessario trovare dei metodi che permettano di ridurre i tempi di elaborazione delle informazioni, specie se andiamo a dare un'occhiata in prospettiva, ma soprattutto di riuscire ad avere delle informazioni. E se la prospettiva di una figura amministrativa o politica che sia, vede qualche anno di “cadenza”, le persone tendenzialmente hanno un (scusate l'estrema definizione) “ciclo di produzione di dati” che va dall'anno (purtroppo) ai 100 anni (si spera). Se moltiplichiamo il tutto per i 60 milioni di abitanti... fate voi i conti.

Come ho detto, non amo scrivere o parlare di politica, tutto questo sfogo nasce tuttavia da un articolo sul Corriere della Sera di oggi (16/01/2014 a pag. 19, qui la copia online) in cui ho trovato lo spunto giusto. La frase che meglio identifica questa mia reazione: “[...] l’idea di pile di fascicoli che arrivano in massa sulle scrivanie dei magistrati già destinati alla richiesta di oblio”.

Immagino la difficoltà nella gestione di dati disgregati, soggetti ad errori e pericoli di ogni genere, in un mondo in cui sono le informazioni ad essere la cosa di cui più abbiamo bisogno, e mi viene da mettermi le mani nei capelli. Sarebbe solo da mettersi una mano sul cuore, girarsi indietro e guardare che cosa veramente abbiamo fatto per arrivare fino ad oggi, e concludere osservando uno scenario di distruzione, macerie e detriti che ci siamo lasciati alle spalle. Tutti rigorosamente di carta.

 

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