Service & Help Desk: le parole che nessun “capo” vi dirà mai

  • 08/01/2017 10:28:00

Questo post è dedicato a tutti coloro che operano in Service Desk IT con delle aspettative professionali onorabili.

Questo post è dedicato a tutti coloro che operano in Service Desk IT con delle aspettative professionali onorabili.

È da qualche anno che ragiono su questo argomento e di scrivere a proposito di una delle posizioni maggiormente “odiata” dall’utenza e talvolta anche dai livelli “superiori”. Il Help Desk o Service Desk (d’ora in poi userò quest’ultimo termine perché mi piace di più), la prima linea, quelle persone che rispondono al telefono quando gli utenti chiamano con un problema. Generalmente visto dai manager come un sistema che deve produrre risultati (giustamente) è quell’area della catena di supporto tecnico che viene schiacciata da elementi come “KPI” (indicatori di prestazione) o SLA (Service Level Agreement, ovvero la qualità del servizio). Persone, tecnici, che rispondono generalmente dalla mattina alla sera ricevendo – sempre generalmente – attacchi da parte di utenti nervosi, capi che nemmeno dovessero salvare l’umanità lanciando missioni spaziali via e-mail, e situazioni in cui si sentono dire “ma tu cosa vuoi saperne, lavori in un help desk”.

Questo post è dedicato a tutti coloro che fanno questo lavoro con delle aspettative, a coloro a cui il mondo della tecnologia piace ed hanno deciso di farlo per dare vita ad una propria passione che possa portare loro un reddito. E lo farò a modo mio, quindi senza troppo girare attorno agli argomenti (quindi, PEGI 18). E mi riferirò direttamente a queste persone, quindi direttamente, quindi a voi.

Cominciamo.

C’è un aspetto che va considerato. Il Service Desk si trova in una condizione psicologica di perenne stress, tant’è che nessuno chiama mai serenamente per dire che le cose vanno bene. Arrivano solo problemi e lamentele. Quando un operatore riceve una telefonata, dall’altra parte del telefono c’è una persona che è già irritata dal fatto che deve chiamare e per diversi aspetti: non riesce a svolgere il proprio lavoro, ha un “capo” che inveisce addosso perché non lavora, ha già provato a risolvere il problema in autonomia – e non ci è riuscito – ed è costretto a chiamare un operatore che potrebbe potenzialmente trattarlo come un imbecille perché non riesce a distinguere una sessione RDP da una SSH. Mettete assieme gli ingredienti e ottenete un utente dall’altra parte una persona il cui fastidio andrà dallo “spazientimento” alla “bestemmia” in funzione della posizione nella scala gerarchica dell’organigramma.

Prima ho parlato di una catena di supporto tecnico. Bene. Stiamo parlando non di “alcune” delle persone che gestiscono il supporto, parliamo dell’inizio e della fine della maledetta catena. Perché voi – in quanto prima linea – personale del Service Desk siete la prima linea di difesa dai problemi, tutto passa dai vostri terminali, dalle vostre mani e dalle vostre teste. Nel processo di identificazione dei problemi siete l’elemento fondamentale e svolgete il lavoro in assoluto più difficile: capire qual è il problema di un utente, di una persona che tipicamente non ha una preparazione tecnica nemmeno base, e che deve spiegare con i propri termini quale sia il problema. E generalmente questo inizia con “qui non funziona niente”, e riuscire a determinare che da “niente” si intendeva il “mouse”.

Il Service Desk non offre solo supporto tecnico: è una maledetta linea “amica” a cui chiama chiunque abbia un problema. E non chiameranno per dirvi “va tutto bene”, ma se riuscite a fornire il giusto conforto alle persone, oltre a risolvere il loro problema, un “grazie” probabilmente riuscite anche a riceverlo. Ricordatevi ci troviamo in una posizione difficile in cui il divario di conoscenza è in netta crescita, senza contare la quantità di informazioni che tutti i giorni dobbiamo acquisire. E sempre più ci troveremo davanti a persone che, se prima sapevano usare a malapena una tastiera e un mouse, a breve potrebbero non esserne più capaci.

Quello era l’incudine. Ora viene il martello.

Il “Secondo Livello” che non è passato dalla trincea del Service Desk tende ad assumere un atteggiamento di superiorità nei confronti di chiunque, per più o meno gli stessi motivi per i quali voi potreste rispondere con superiorità ad un utente generico (cosa che – ribadisco – è controproducente oltre che segno di maleducazione). Esistono situazioni in cui il secondo livello vi risponde in modo disfattista o tende a fare in modo di non doversi sporcare le mani perché devono risolvere problemi di gravità maggiore. Lasciando a lato le situazioni in cui questo sia vero, ecco la seconda massiccia difficoltà del Service Desk: trasferire l’informazione al livello superiore in modo conciso e dettagliato per ottenere una risposta altrettanto concisa e dettagliata.

Ragazzi, le terminologie sono importanti e sono alla base di questo lavoro. “Non va la posta elettronica” è una segnalazione che può essere data da un utente a un operatore, ma non è possibile girare la stessa segnalazione ad un livello superiore, così come non è pensabile di avere una nota simile nella documentazione.

Siete quindi un’interfaccia tra il mondo esterno, estroverso e caotico, con il mondo “interno”, per definizione introverso, complessato ed estremamente ordinato. Quando un utente vi chiama per dire che non funziona niente e concordate (nemmeno fosse un compromesso legale) che non riescono ad inviare posta elettronica ci sono due regole da seguire:

  • Effettuare tutti i controlli di routine per definire il problema
  • Se non siete in grado di risolverlo, trasferire in modo telegrafico il problema al livello superiore

La cosa divertente è che talvolta non avete per le mani i controlli di routine, ma delle linee guida approssimative sul “cosa” chiedere e come risolvere, o vi affidate alla vostra esperienza autodidatta. Chiedete, fate domande, fatevi spiegare le cose, e quando vi viene dato un link da seguire da parte di qualcuno che vi vuole dare una mano, non crediate che sia (sempre) un segno di disprezzo. Il RTFM (Read The Finest Manual, Leggi la documentazione) con un link è una risposta criptica di qualcuno che non solo sa qual è la risposta, ma si è anche preoccupato di cercare il percorso giusto per darvi un riferimento. È ovvio che se il link va ad un forum qualunquista o il risultato di una query di Google, allora probabilmente la risposta è disfattista (cambiate referente piuttosto).

Ed ecco un altro motivo per il quale fate un lavoro difficile. Abbiamo una montagna di documentazione che andrebbe o va letta giorno per giorno. Si, i manuali esistono, si sono scritti in inglese, sì nella maggior parte dei casi le cose scritte nei manuali sono applicabili nel mondo vero. Le cose non avvengono “automagicamente”, non succedono per caso non sono dei fottuti miracoli. La montagna di informazioni su cui è basato il lavoro del Service Desk è mastodontica, non potete sapere tutto di tutto, non succederà mai, a nessuno.

Finita la giornata tra supporto psicologico e training autogeno per evitare dei massacri di massa, arriva il conteggio finale della giornata in cui arrivano considerazioni come “beh, quel ticket è rimasto aperto un po’ troppo” oppure “dovresti aumentare il numero di ticket gestiti nell’arco della giornata”. Triste ma vero, ecco l’altro aspetto difficile della vostra posizione: il giudizio di un laico. E sì, io sono tra quelli che prenderebbero simili “dirigenti” e li metterei a fare Service Desk un mese perché possano capire cosa voglia dire e – forse – perché permetterebbe loro di capire quali sono le difficoltà e, magari (perché talvolta anche io mi illudo) trovare una soluzione o cambiare i metri di misura delle persone.

Passare dal Service Desk, a mio avviso, è un passaggio quasi obbligato. Quello che non comprendono coloro che analizzano esclusivamente report di SLA e KPI è che le persone non sono numeri, e chi dirige i Service Desk dovrebbe essere una persona capace di coordinarli in modo di spostare le persone per permettere loro di crescere e seguire le proprie passioni. Perché un operatore Service Desk, per quanto bravo e in gamba che sia, non lo potete tenere lì per sempre, perché prima o poi si “smarona” e se ne va appena vede la possibilità di migliorare o – ancora peggio – mollare definitivamente il mestiere perché gli vengono tarpate le ali e trovarsi una fonte di reddito altrove.

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